Interventi

 

Ecco il testo di alcuni interventi del Convegno del 16 giugno 2005, in ricordo di Dani.

Luciano Damiani
Gino Facen
Ugo Pettenuzzo
Pino Ierace
Riccardo Poggi

Luciano Damiani

           Sono il Presidente dell’Associazione Centro Promozione Famiglia, senza scopi di lucro, che gestisce il Consultorio Familiare Centro Promozione Famiglia, Strada Rocca n. 9 Sanremo; esso offre un servizio gratuito alla comunità dei Comprensori Sanremese e Ventimigliese.

            Si prova sempre una forte emozione nel ricordare una persona che si è stimata e a cui si è voluto bene. Cercherò di farlo con molta amicizia, presentando senza esaltazioni gli aspetti della sua vita che ho meglio conosciuto ed apprezzato.

Ho incontrato Dani agli inizi degli anni 80, quando stavamo maturando insieme l’esperienza dei Gruppi di Spiritualità Familiare, il cui fine era quello di mettere in discussione il proprio essere cristiani ed avere l’obiettivo di vivere in modo più coerente la propria fede. In tale contesto era scaturito il desiderio di aprirci ai bisogni sociali della comunità e metterci a suo servizio, proponendoci un impegno attivo in questa direzione.

Fu così che nel 1983 venne costituita l’Associazione Centro Promozione Famiglia, il cui fine primario era la formazione di operatori nel campo famigliare e la fondazione e gestione di un Consultorio Familiare.

            Da subito, Dani si rese disponibile sia come Operatore Volontario, in veste di Psicopedagogo, per seguire i casi che si presentavano con problematiche familiari in presenza di bambini e di ragazzi, sia come animatore e docente nei corsi di formazione specifica degli operatori nella pastorale familiare, che avevano poi il compito di seguire le coppie e le famiglie nelle varie realtà parrocchiali. Ha mantenuto poi sempre questa  disponibilità, anche quando, in seguito, le problematiche familiari che venivano presentate in consultorio si sono diversificate e hanno interessato sempre maggiormente aspetti  psicologici, legali e morali delle famiglie.

            Insieme ad avere una Fede vigorosa, Dani era una persona di vasta e solida cultura, che trasmetteva in modo continuo e convinto a quanti gli stavano intorno, citando sempre fonti e documenti che ben padroneggiava. Una sua particolare attitudine era quella di approfondire  preventivamente le motivazioni che portavano a scelte operative e invitava a tenere sempre  presente che interessavano le persone nella loro globalità. Quindi, avendo per base una ottima formazione culturale ed una convinta scelta di fede, Egli si calava nel concreto dei casi e stimolava gli amici farsi carico tutti insieme di essi e di incoraggiare l’utente del servizio a reagire con energia alle situazioni di disagio in cui viveva.

            Ricordo infine che, quando ci incontravamo durante le vacanze in montagna, cercava di vivere il tempo del riposo non solo per rinvigorire le sue forze, per poter tornare poi a riprendere con energia i suoi molteplici impegni nella famiglia, nella scuola, nella parrocchia e nel sociale; ma desiderava anche utilizzare il tempo per migliorare la sua preparazione e discuteva in modo vivace di quanto stava leggendo e progettando, per avere conferme e sostegno alle sue scelte, ma anche per sollecitare me e gli amici a condividere con lui il desiderio di contribuire al miglioramento dell’ambiente in cui si viveva.

             Penso che per ricordare Dani non basti solo il ricordo degli amici, ma sarebbe bello che fosse realizzato qualcosa di visibile e la proposta che ho sentito fare, di intitolargli la Scuola Elementare di Strada San Martino, mi sembra un’idea molto apprezzabile.               

Luciano Damiani - Sanremo, 16.06.2005  

Gino Facen

 Al telegiornale, quando parlano della gente, inquadrano una marea umana che si muove per la strada. Appaiono volti e corpi in movimento, persone di tutte le età, fogge e condizioni.

Immaginate che all'improvviso qualcuno dall'indistinto prenda colore, si stagli dal fondo, i suoi contorni divengano più chiari.

Ora distinguo  il viso, lo sguardo è luminoso e il sorriso è chiaro, allora chiedo:
-Come ti chiami?
-Sono Dani
-Sì, ma di nome?
- Dani Scaini…. Dani di nome

Ricordo di aver pensato: “Ma che razza di nome è?”.

  E’ un po’ successo così quel giorno all'Università  di Firenze, dove ero andato per partecipare a un corso di perfezionamento agli inizi degli anni 90.

Ero seduto ed aspettavo insieme a  molti altri che la prima lezione cominciasse. Così ci  siamo conosciuti.

 Un po' liguri: di Sanremo lui, di Pieve Ligure io.

Un po’ triveneti: friulano lui, bellunese io.

Maestri e padri con figli in tenera età; accomunati dall'obiettivo (eravamo lì per imparare il mestiere di dirigente scolastico) e dalla passione per l'informatica.

  Dani parlava molto e a me piaceva ascoltarlo; parlava delle sue passioni, parlava di scuola, di qualcosa che stava facendo, di quello che aveva in mente di fare, di come avrebbe voluto che fosse, parlava della famiglia, di Marica la moglie  e  Simone e Silvia i sui figli.

E così col tempo il legame si è fatto più intimo, più stretto, ha coinvolto le famiglie.

  Gli amici sono un po' come dei  compagni di viaggio che si scelgono per confrontarsi, stimolarsi, contagiarsi ed aiutarsi lungo il percorso della vita, anche nei momenti inquieti, di crisi e di sconforto che inevitabilmente capitano.

  Un amico nasce dall'intuizione di un incontro, in qualche modo è un regalo inaspettato. Questo per me è stato Dani.

  Ho potuto apprezzare in Dani le grandi qualità naturali, come l'intelligenza, la lucidità del pensiero e l’assertività nell'azione.

Altre qualità invece forgiate dal crogiolo della vita, come la calda umanità, la forza d'animo, la speranza, l'amore per gli altri e per i piaceri della vita, la fede profonda.

  E difetti?

Come avviene per gli amici o le persone con cui scegliamo di vivere, per me i suoi difetti non erano significativi, erano compatibili con i miei, per cui non hanno creato interferenze.

  Ho conosciuto Dani come un eccellente professionista, nel senso che ha investito se stesso completamente nella scuola, mettendo al servizio dell'istituzione (intesa soprattutto come insieme dei docenti, degli alunni e delle famiglie) le sue qualità.

  Era uomo, maestro e dirigente scolastico studioso e competente, capace di visione strategica, frutto di abilità razionale nel leggere i contesti, di elaborarne le tendenze in modo personale e creativo, organizzando un consenso diffuso attorno all'obiettivo,  perché divenisse una scommessa dell’intera comunità della scuola.

  Utilizzo il termine “scommessa” nell'accezione che Edgar Moren dà nel libro “La testa ben fatta": egli propone la scommessa come terzo viatico per superare l’incertezza del vivere nella modernità.

A pag. 62 si legge:

“La scommessa è l’integrazione dell’incertezza nella fede…

Prepararsi al nostro mondo incerto è il contrario di rassegnarsi a uno scetticismo generalizzato.

E’ sforzarsi a pensare bene, rendersi capaci di lavorare e usare strategie e, infine, fare con tutta coscienza le nostre scommesse.

Sforzarsi a pensare bene è praticare un pensiero che si sforzi senza sosta di contestualizzare e globalizzare le sue informazioni le sue conoscenze, che senza sosta si applichi a lottare contro l'errore e la menzogna, e che ci conduce una volta ancora al problema della testa ben fatta."

  Ora a me sembra che Dani avesse una gran testa “ben fatta”

  Convinzione che non ricavo unicamente dal ricordo dei suoi racconti o dai progetti, ma dall’eredità che ci ha lasciato. E questo convegno ne è una testimonianza.

Altri diranno quali eredità ha lasciato. Per me Dani è stato uno stimolo ed un incoraggiamento per la mia attività personale e professionale. Come nell’occasione del primo CD rom realizzato da una mia classe quinta,  che lui ha poi ospitato nel sito della sua scuola. In quella occasione è stato prezioso il suo incoraggiamento.

Ho imparato così per contagio: sapere di avere da qualche parte un amico competente e disponibile ha incentivato in me un percorso di auto-apprendimento, della cui ricaduta ne ha beneficiato il mio Circolo Didattico, che è dall’altra parte della Liguria.

  Quello che oggi va rimarcato è anche l'opera silente, spesso non visibile agli occhi, l'opera per così dire, di “disseminazione" negli ambienti che Dani ha vissuto, nel web che ha abitato, negli amici che ha frequentato.

Opera silente, fecondata da semi portati dal vento, proprio come avviene ai grandi  alberi di tiglio in questa stagione.

  Vorrei restituire alla memoria collettiva  un'immagine inusuale e privata di Dani, per contrapporla a quella un po’ seriosa che i più conoscono.

  Lo ricordo seduto al tavolo della mia cucina, nelle feste pasquali di molto tempo fa, con addosso una coperta colorata che lo copriva dalla testa ai piedi: spuntavano il viso e  gli occhi chiari ingranditi dalle lenti spesse. I bambini (i suoi e i miei) attorno a lui aspettavano silenziosi il responso del grande indovino, che con voce cavernosa indicasse, in rima, il luogo dov'era nascosta l’ultima mappa della caccia al tesoro.

  Altre immagini e pensieri mi vengono alla mente ora che non c’è più, o meglio, ora che vive in una nuova dimensione.

Percepisco a volte, che il compagno di strada  mi accompagna ancora. Lo ritrovo in qualche appunto di studio, in qualche concetto che leggo nei libri, in qualche parola che per me lo connotava, tipo: indicatori… descrittori… qualità di sistema.. ecc.

Nei primi tempi c’erano dei giorni che, tornando da scuola, il suo viso mi appariva come all'improvviso, e un senso di struggimento mi assaliva, ma poi mi dicevo "lo so che mi pensi e che mi sei vicino".

La sua scomparsa mi ha consegnato la tangibilità del limite, che prima sentivo molto lontano. E’ come se, ancora una volta, mi indicasse un  percorso che fino ad allora non avevo scorto.

  Per concludere. Mi piace pensare che questo convegno possa rappresentare un’ulteriore gesto di disseminazione. Mi piace pensare che sia come un colpo di vento che trasporti lontano e faccia germogliare i semi che Dani ha diffuso con l’esempio e con ciò che ha realizzato.

Lo prendo come un auspicio ed un viatico. Vi abbraccio tutti, un po’ come avrebbe fatto lui.

  Gino Facen - Pieve Ligure, 10 giugno 2005

Ugo Pettenuzzo

Ho conosciuto Dani nel 1974. In quel periodo, per motivi di lavoro, mi ero trasferito a Torino e vivevo con altri 6 ragazzi in un appartamento del centro. I miei compagni di casa provenivano dalla Sicilia, Ancona, Alessandria…chi per motivo di lavoro chi per studio all’università.

Ciò che ci legava veramente era il desiderio di vivere una originale e per noi straordinaria esperienza: la spiritualità dell’unità, promossa da Chiara Lubich attraverso il Movimento dei Focolari.

Si tratta di un piccolo popolo, di razza, culture, lingue e religioni diverse, che si impegna ad essere seme di un mondo più solidale, un mondo più unito.

Una corrente di spiritualità incentrata sull’amore evangelico che suscita un movimento di rinnovamento spirituale e sociale.

Dani abitava a Crescentino. Era alto e magro, tanti capelli, occhiali da vista, un bel sorriso.

Anche a lui, come ad altri ragazzi, raccontiamo  come ci sforziamo di vivere, come cerchiamo di andare al di là dei difetti, come cerchiamo di vederci nuovi ogni giorno…e questo nel quotidiano: nel lavare i piatti, spazzare per terra, accogliere chi viene a trovarci, nelle feste e nello sport, nel mettere in un’unica cassa i nostri soldi... non grandi cose, la quotidianità.

E questo insieme ad altri giovani che abitano in Torino.

Dani ne è affascinato, si sente accolto, ascoltato.

Lui milita nella sinistra; ci dice: qui c’è qualcosa in più, questo è ciò che stò cercando, questa è la mia famiglia.

  Dopo pochi mesi è con noi a Torino; subito apprezziamo il suo senso pratico, la grande disponibilità in ogni momento, la capacità di analisi, .

Posso dire che è stata questa esperienza di questi anni che ha costruito in DANI le basi, le fondamenta della sua vita, ne ha informato il suo essere padre, la sua professione, , le tante iniziative da lui animate, fino alla sua partenza.

Basi solide, di apertura ed accoglienza dell’altro, soprattutto di chi è in difficoltà, di condivisione,

di ascolto, di “amore” disinteressato.

  Nel 1976 a Dani viene affidata la responsabilità della gestione di un campo di lavoro per la raccolta della frutta a Lagnasco, vicino a Cuneo, da agosto all’inizio di ottobre.

In una cascina abbandonata e adattata allo scopo si allestiscono 60 posti letto, la cucina, i servizi.

La giornata è lunga, anche 12 ore di lavoro sui trattori, nei campi.

Quell’anno passano da Lagnasco 250 giovani che arrivano da tante parti d’Italia e persino dal Portogallo, dal Kenia, dall’Eritrea.

E’ soprattutto Dani, con l’aiuto di alcuni di noi, che pensa a loro, trova il lavoro, contratta con i contadini la paga oraria, vende all’AIMA la frutta non utilizzabile per l’esportazione, ottiene sconti dal macellaio, dal panettiere.

I soldi guadagnati vanno all’Operazione Africa, una delle iniziative a scopo sociale, in Camerun, promosse e sostenute finanziariamente dai giovani del Movimento dei Focolari.

I contadini si affezionano a questi ragazzi, così diversi tra loro ma così uniti…

Dice Dani: “ I giovani non sono venuti solo per lavorare ma soprattutto per un’esperienza comunitaria. Durante i pasti, dopo cena e fini a sera tardi  si stava insieme cercando di vivere nello spirito del campo: l’amore scambievole:::”

Alla fine del campo, una domenica pomeriggio su 2 carri agricoli all’interno di un cortile si è allestito uno spettacolo al quale sono stati invitati tutti gli abitanti del paese.

E lì hanno anche cantato 2 ragazzi kenioti e 3 eritrei, a ricordare che i soldi guadagnati servivano per l’operazione Africa.

Alla fine qualcuno del luogo diceva:

“con dei ragazzi come voi si può cambiare il mondo; mi dispiace moltissimo che ve ne andiate; veramente avete cambiato qualcosa nel paese.”

  E Riccardo di Roma, uno dei ragazzi:

“Accidenti, parto. Questi giorni mi ero detto che quando sarei partito non avrei pianto: mi conosco, io non piango spesso. Però una lacrima se non uscirà dagli occhi (e non lo do per scontato) uscirò dal cuore, affollatissimo da tutti voi.

Sento che lascio la mia famiglia e soprattutto che lascio un angolo di paradiso”.

  Questo era Dani negli anni 70, lo stesso Dani che abbiamo continuato a conoscere poi con Fiore, mia moglie ed i nostri figli Daniele e Matteo in tutti questi anni, in tante circostanze: vacanze insieme, qualche capodanno, visite a Sanremo, a Torino.

  A  lui abbiamo chiesto e ricevuto, con tanta delicatezza,  preziosi consigli per gestire il rapporto con i nostri figli nelle varie fasi della crescita.

 Una casa costruita sulla roccia…questa l’immagine che ho di Dani.

 Nel 1994, in un letto di ospedale a causa di una grave e rara malattia che modificherà in parte il suo stile di vita ma che non lo intaccherà per nulla “dentro” mi dice:

“Mi sono un po’ arrabbiato con Dio, ma poi gli ho chiesto: Marica ed i miei figli hanno ancora bisogno di me. Ti chiedo ancora 10 anni di vita.”

 E Dio l’ha preso in parola.

Ugo Pettenuzzo

Pino Ierace

Abbiamo conosciuto Dani e Marika nel 90. Io e Roberta ci eravamo sposati da poco; sin da subito Dani e Marica erano nel nostro gruppo di famiglie.

Dani era molto contento della nostra completa inesperienza, diceva che così c'era la certezza che le cose le avrebbe portate avanti Gesù tra noi e non le nostre capacità umane.
La personalità di Dani era molto spiccata data da un'ampia cultura ricca di valori umani e spirituali e tutto questo veniva fuori in ogni suo intervento agevolato da una fortissima “unità” fatta da Marica. Marica era quell'amore che si fa nulla dove Dani poteva parlare, era un foglio bianco dove lui poteva scrivere, era quell'amore che ogni moglie o marito deve avere per l' altro.
Per noi sono stati un esempio e lo saranno sempre.
La loro unità e il loro amore è stato forgiato nel tempo dal dolore vissuto per amore G.A. sia dalla prima malattia di Dani, che dai problemi con i figli che crescevano, questo non ha fatto altro che migliorare il loro rapporto e a far perdere a Dani un po' di razionalità per far posto un po' di emotività.
In questi anni il nostro rapporto con loro e' sempre stato vivo anche se erano stati spostati in un altro gruppo. Ogni volta che ci si vedeva o sentiva per telefono ci si aggiornava di tutto e spesso Dani chiedeva come andava in focolare tanto per saggiare il mio rapporto con Dio.

Da due anni sono ritornati con noi per fare un esperienza più profonda; sono stati due anni ricchissimi, ad ogni incontro io e Roberta non aspettavamo altro che un intervento di Dani: lo sentivamo pieno di una ricchezza interiore, riusciva sempre a farci vedere l' Ideale da un altro punto che non avevamo notato.
Abbiamo seguito per quanto abbiamo potuto anche quest'ultimo periodo di malattia. Siamo riusciti ad andare a trovarli solo due volte, ma anche solo dalle telefonate si capiva qual era il clima che regnava in casa.

Io ho ricevuto un dono da Dani, quello di poter parlare con lui il giorno prima della sua "partenza".

Aveva chiesto a Giovanni S. di poter ricevere l'unzione degli infermi e sembrava che questo rito fosse alla presenza della famiglia e di Giovanni che li seguiva passo passo nella malattia, ma forse per il rapporto che avevamo mi chiamano e mi dicono che posso andare anch'io.
Quel giorno quando entro in casa loro mi sembra di entrare in un tempio e tutta la cerimonia si svolge con tanta sacralità.
Quando il sacerdote esce dopo averlo confessato ci confida che pensava di essere venuto per dare ma invece era di più quello che aveva ricevuto.

Dani e' coricato nel letto e mi fa cenno con la mano di sedermi vicino a lui. Un po' incredulo mi siedo.
Subito mi dice: " Teniamo Gesù in mezzo".  Io rispondo che sono venuto per questo e gli dichiaro tutta la mia unità.

Prosegue: “sono nel Getsemani e anch’ io vorrei allontanare questo calice, ma sia fatta la Sua volontà”. Gli rispondo la facciamo insieme.

Mi stringe la mano dicendo: " Ti affido Marica". Gli rispondo che le staremo tutti vicino.

Poi riprendendo il discorso dice : "Dillo a tutti qual è la cosa importante della vita, fare la volontà di Dio". Lo assicuro che lo dirò a tutti,

Poi gli chiedo se è stanco e mi risponde di sì, continuo chiedendogli se è pronto e mi dice di sì. Siamo rimasti in un bellissimo silenzio per qualche minuto e ho pregato per lui, poi gli ho chiesto se voleva riposare, mi ha risposto di sì, allora l'ho salutato con un bacio e sono uscito.
Devo dire grazie all'Eterno Padre e a Dani per avermi fatto vivere un momento di unita così intenso, che mi si è scolpito nel cuore e che ho stentato a trascrivere per paura di rovinarlo.

Pino Ierace

 Riccardo Poggi

Vi racconto di Dani in relazione a Web4unity.

Non è facile parlare a persone che lo hanno conosciuto bene, lavorandoci assieme ...

Mi sembra però che oggi sia un momento di condivisione in cui ciascuno "regala" agli altri un pezzetto della vita di Dani, che altri non conoscevano.

Ho accettato con entusiasmo l'idea, ma a dir la verità un po' di paura ce l'avevo.

Ma Dani mi ha insegnato che nessuno è così piccolo, nessuno è così minimo da non poter comunicare.

Dico due parole su chi è Web4unity, e poi lascio la parola a Dani dalla sua stessa voce.

Web4unity è una community on-line e off-line, di persone che vedono nella rete una grande opportunità: quella di avvicinare le persone tra di loro, contribuendo a costruire un mondo unito.

Una realtà ancora piccola, con 150 iscritti al sito, ma diffusa un po' in tutta Italia e all'estero.

Quattro linee guida ci caratterizzano:

* il comunicare è essenziale;

* il comunicare parte dall'ascolto ("vivere l'altro");

* nel comunicare, portare alla luce il positivo e scoprire la ricchezza dell'altro;

* nel comunicare, mettere al centro l'uomo, e non il medium.

Queste linee sono sia la base della community, che il nostro approccio alla rete nelle sue varie espressioni.

Sarebbe sbagliato dire che Dani ha conosciuto Web4unity: Dani è stato uno dei fondatori di Web4unity.

L'idea Web4unity è partita con la constatazione che oggi manca un'educazione alla rete, a tutti i livelli di età e di cultura.

Manca soprattutto la consapevolezza della ricchezza che la rete può essere come opportunità di dialogo, di condivisione e comunicazione.

Nel preparare un convegno su questi temi, nel 2003 Dani ha accettato volentieri di aiutarci.

Ecco quello che ci scriveva il 2 febbraio 2003:

Forse voi vi conoscete tutti molto bene,

io, tuttavia, sento l'esigenza di presentarci, di sapere che siete, cosa

fate, di creare una certa familiarità, un senso di appartenenza per poter

lavorare meglio insieme.

Io sono Dani Scaini e sono stato invitato da Riccardo Poggi, credo su

suggerimento di Ugo (con cui ho condivido l'esperienza gen).

Abito a Sanremo, faccio parte di famiglie nuove e ho 2 figli.

Sono dirigente scolastico e da vari anni mi occupo di ICT per la scuola

facendo anche corsi di aggiornamento per i docenti. ora mi occupo in

particolare di formazione on line.

Ho realizzato il giornale telematico della scuola

http://www.sanremonet.com/scuole/segnali/index.htm

e altre iniziative che potete vedere nel sito della scuola.

 

Stavamo parlando di fare un convegno, quindi di organizzare i contenuti.

Ma Lui ha portato subito l'accento sulla comunità, anzi sulla famiglia.

Questo è stato uno dei punti chiave della nascita di Web4unity, il 5 ottobre 2003.

Dani ha contribuito ad aiutarci.

 Il 3 gennaio l'ho invitato alla prima assemblea dei fondatori di Web4unity, ma lui ha dovuto rinunciare, 
per la prima operazione di quel percorso della malattia in cui forse la sua umanità si è espressa al meglio.

Dani non ha smesso di scrivere, come sapete, ha scritto tanti messaggi e-mail, questo è l'ultimo che abbiamo ricevuto, con la risposta di uno di noi.

Il 24 maggio 2004 Dani:

Ciao a tutti,

seguo sempre tutte le iniziative di Web4unity

anche se in questo momento sono debilitato per la malattia

e non riesco a dare un contributo concreto.

Il 5 ottobre 2003 Dani ha presentato una relazione in uno dei tre seminari paralleli che si sono svolti; il seminario riguardava "Internet in famiglia e nella scuola", ve lo lascio ascoltare.

                                                                                                                Riccardo  Poggi